11 giugno 2009

La censura/dittatura esiste nel nostro caro bel paese??? IO dico di si e vi mostro le prove

dal sito del "Corriere della Sera"
Accuse al Cavaliere nel libro Einaudi rifiuta Saramago

Il Nobel: con lui c’è da temere per la democrazia

MILANO — Einaudi non pubblicherà Il quaderno, il libro che raccoglie testi let­terari e politici scritti sul blog dallo scrittore porto­ghese José Saramago, pre­mio Nobel per la letteratura nel 1998. Ne dà notizia «L’Espresso» oggi in edico­la anticipando che l’editore della raccolta di saggi sarà sempre torinese, Bollati Bo­ringhieri, ma soprattutto svelando il motivo della momentanea rottura tra l’autore di Cecità e la casa dello Struzzo. «La nuova opera — scrive Mario Porta­nova — contiene giudizi a dir poco trancianti su Silvio Berlusconi, che di Einaudi è il proprietario». Sarama­go è severo con Berlusconi ma anche con gli italiani, il cui sentimento «è indiffe­rente a qualsiasi considera­zione di ordine morale». Ma «nella terra della mafia e della camorra che impor­tanza può avere il fatto pro­vato che il primo ministro sia un delinquente?». L’au­tore del Quaderno arriva a paragonare il nostro capo del governo a «un capo ma­fioso ».

Scrittore, poeta e critico letterario, José de Sousa Saramago è nato ad Azinhaga, in Portogallo, nel 1922. Premio Nobel per la Letteratura nel ’98, da settembre ha aperto il blog (http://caderno.josesaramago.org/ - mentre potrete trovare il blog tradotto in italiano a questo indirizzo http://quadernodisaramago.wordpress.com/)
«L’Einaudi — spiega per parte sua un comunicato della casa editrice che ha pubblicato quasi tutti i ro­manzi del premio Nobel — ha deciso di non pubblicare O caderno di Saramago per­ché fra molte altre cose si dice che Berlusconi è un 'delinquente'. Si tratti di lui o di qualsiasi altro espo­nente politico, di qualsiasi parte o partito, l’Einaudi si ritiene libera nella critica ma rifiuta di far sua un’ac­cusa che qualsiasi giudizio condannerebbe».
Saramago, 87 anni, che in questi giorni è nella sua casa di Lanzarote, nell’arci­pelago delle Canarie, ha ac­cettato di rispondere via e-mail ad alcune nostre do­mande. «Non pubblico la mia nuova raccolta di saggi con Einaudi — ci scrive il premio Nobel — perché in essa critico senza censure né restrizioni di alcun tipo Berlusconi, il quale è il ca­po del governo ma anche il proprietario della casa edi­trice, come di tanti altri mezzi di comunicazione in Italia. La verità è che quella che si è creata potrebbe es­sere definita una situazione pittoresca se il fatto che un politico accumuli tanto po­tere non facesse temere per la qualità della democra­zia ».
Lo scrittore portoghese, che si rivelò nel 1982 con Memoriale del convento e che non ha mai nascosto le sue simpatie per la sinistra (si iscrisse clandestinamen­te al partito comunista por­toghese nel 1969 riuscendo a evitare le galere del ditta­tore Salazar), ci scrive che nessuno gli ha mai propo­sto di cancellare i passaggi su Berlusconi: «Ho cono­sciuto la censura durante la dittatura portoghese, l’ho sofferta e combattuta e nes­suno in una situazione di apparente normalità demo­cratica mi potrebbe chiede­re di amputare una mia ope­ra ».
Facciamo notare che cer­ti giudizi ci sembrano quan­tomeno eccessivi. Sarama­go non si scompone: «Le qualificazioni che ho dato di Berlusconi non nascono dalla mia testa ma si basa­no su informazioni giornali­stiche che ogni giorno appa­iono sulla stampa europea. Io semplicemente osservo e concludo. Con dispiacere, naturalmente». Insistiamo: perché arrivare a paragona­re Berlusconi a un «capo della mafia»? Saramago ri­sponde: «Davvero le sem­bra esagerato? È sicuro? Al­meno mi concederà che ha una mentalità mafiosa».
L’autore del Vangelo se­condo Gesù è severo anche con l’Italia: «Quando tutte le opinioni che si diffonde­vano sulla capacità creati­va, sulla modernità e talen­to artistico erano favorevo­li, non ricordo nessuno che si lamentasse di questi giu­dizi. Ora le cose sono cam­biate. L’Italia non è più il Pa­ese che emoziona, ma sor­prende non certo per le mi­gliori ragioni. Né l’Italia né coloro che amano questo Paese meritano lo spettaco­lo politico di fascinazione malata per Berlusconi».
Saramago pubblicherà il suo prossimo romanzo da Einaudi? «Del mio nuovo romanzo, che credo vedrà la luce in autunno, non si è ancora parlato e non so do­ve porterà questa faccen­da ».

Il premio Nobel non sa che altre opere di critica a Berlusconi sono state rifiu­tate da Einaudi, dalle poe­sie politiche postume di Giovanni Raboni al Duca di Mantova di Franco Cordel­li, sino al Corpo del capo di Marco Belpoliti, che l’auto­re ha preferito pubblicare da Guanda, però commen­ta: «Dev’essere duro vivere quando il potere politico e quello imprenditoriale si riuniscono. Non invidio la sorte degli italiani, però in­fine è nella volontà degli elettori mantenere questo stato di cose o cambiarlo».

Dino Messina
29 maggio 2009

Post pubblicati sul blog "I quaderni di Saramago" sul nostro caro presidente del buon -consiglio

La cosa Berlusconi
Posted in quaderno di Saramago by massimolafronza on 8 Giugno 2009
di José Saramagohttp://caderno.josesaramago.org/2009/06/08/a-coisa-berlusconi/

Questo articolo, con questo stesso titolo, è stato pubblicato ieri sul quotidiano spagnolo “El País”, che me lo aveva espressamente commissionato. Considerando che in questo blog ho lasciato alcuni commenti sulle prodezze del primo ministro italiano, sarebbe strano non mettere anche qui questo testo. In futuro ce ne saranno sicuramente altri, visto che Berlusconi non rinuncerà a quello che è e a quello che fa. Né lo farò anch’io.
La Cosa Berlusconi
Non trovo altro nome con cui chiamarlo. Una cosa pericolosamente simile a un essere umano, una cosa che dà feste, organizza orge e comanda in un paese chiamato Italia. Questa cosa, questa malattia, questo virus minaccia di essere la causa della morte morale del paese di Verdi se un profondo rigurgito non dovesse strapparlo dalla coscienza degli italiani prima che il veleno finisca per corrodergli le vene distruggendo il cuore di una delle più ricche culture europee. I valori fondanti dell’umana convivenza vengono calpestati ogni giorno dalle viscide zampe della cosa Berlusconi che, tra i suoi vari talenti, possiede anche la funambolica abilità di abusare delle parole, stravolgendone l’intenzione e il significato, come nel caso del Polo della Libertà, nome del partito attraverso cui ha raggiunto il potere. L’ho chiamato delinquente e di questo non mi pento. Per ragioni di carattere semantico e sociale che altri potranno spiegare meglio di me, il termine delinquente in Italia possiede una carica più negativa che in qualsiasi altra lingua parlata in Europa. È stato per rendere in modo chiaro ed efficace quello che penso della cosa Berlusconi che ho utilizzato il termine nell’accezione che la lingua di Dante gli ha attribuito nel corso del tempo, nonostante mi sembri molto improbabile che Dante l’abbia mai utilizzato. Delinquenza, nel mio portoghese, significa, in accordo con i dizionari e la pratica quotidiana della comunicazione, “atto di commettere delitti, disobbedire alle leggi o a dettami morali”. La definizione calza senza fare una piega alla cosa Belusconi, a tal punto che sembra essere più la sua seconda pelle che qualcosa che si indossa per l’occasione. È da tanti anni che la cosa Belusconi commette crimini di variabile ma sempre dimostrata gravità. Al di là di questo, non solo ha disobbedito alle leggi ma, peggio ancora, se ne è costruite altre su misura per salvaguardare i suoi interessi pubblici e privati, di politico, imprenditore e accompagnatore di minorenni, per quanto riguarda i dettami morali invece, non vale neanche la pena parlarne, tutti sanno in Italia e nel mondo che la cosa Belusconi è oramai da molto tempo caduto nella più assoluta abiezione. Questo è il primo ministro italiano, questa è la cosa che il popolo italiano ha eletto due volte affinché gli potesse servire da modello, questo è il cammino verso la rovina a cui stanno trascinando i valori di libertà e dignità di cui erano pregne la musica di Verdi e le gesta di Garibaldi, coloro che fecero dell’Italia del secolo XIX, durante la lotta per l’unità, una guida spirituale per l’Europa e gli europei. È questo che la cosa Berlusconi vuole buttare nel sacco dell’immondizia della Storia. Gli italiani glielo permetteranno?



Corruzione
Posted in quaderno di Saramago by massimolafronza on 21 Maggio 2009
di José Saramagohttp://caderno.josesaramago.org/2009/05/21/soborno/

Avevo giurato a me stesso di non tornare a scrivere di questo personaggio in tempi stretti, ma, ancora una volta, la forza dei fatti può più della mia volontà. In questo caso non si tratta di miss, modelle e ballerine scelte con il dito (o con le dita) per il Parlamento Europeo né di gioielli regalati per il compleanno di giovani “ragazze” poco più che adolescenti che chiamano il presidente del consiglio italiano “papi”, termine di cui non conosco esattamente il significato (l’italiano parlato dalle lolite non è il mio forte), ma molto promettente anche al meno attento degli esami. Non si tratta neanche del pubblicizzato divorzio sulla cui realizzazione, personalmente, ho grossi dubbi visto il peso degli interessi materiali reciproci e il rischio è alto che la commedia (se lo è) finisca con una riconciliazione e molte ore di trasmissione televisiva.
Quello che mi ha destato dalla mia relativa quiete in relazione al “padrone” Berlusconi è stata una sentenza del Tribunale di Milano che condanna l’avvocato inglese David Mills a quattro anni e mezzo di reclusione per corruzione in atti giudiziari. Nella sentenza si afferma che Berlusc (mi è venuto fuori così, e lo lascio così) ha corrotto nel 1997, niente meno che con 600 mila dollari, l’avvocato in questione e che questo è incorso in “falsa testimonianza” con l’obiettivo di “garantire impunità a Berlusconi e al gruppo Fininvest”. La reazione di Berlusc è stata la solita: “È una sentenza assolutamente scandalosa, contraria alla realtà”. E ancora: “Ci sarà ricorso, ci sarà un altro giudice, e io sono tranquillo”. Il lettore noterà il riferimento all’”altro giudice” che, almeno io lo leggo così, altro non è che un gesto che mi permetterei di interpretare in questa maniera: “Ci sarà un altro giudice, che io mi occuperò di corrompere”. Come ha corrotto altri prima, aggiungo.
Mi piacerebbe pensare che la fine di Berlusc è vicina. Ma per questo sarà necessario che l’elettorato italiano esca dalla sua apatia, involontaria o complice, e che riprenda la frase di Cicerone ricordata qualche giorno fa. Che dica una volta per tutte e che si senta in tutto il mondo: “Troppo a lungo hai abusato di noi, Berlusc, la porta è quella, sparisci”. E se quella porta sarà quella del carcere, allora si potrà dire che giustizia sarà stata fatta. Finalmente.



Fino a quando?
Posted in quaderno di Saramago by massimolafronza on 15 Maggio 2009
di José Saramagohttp://caderno.josesaramago.org/2009/05/15/ate-quando/

Duemila e cinquanta anni fa, giorno più giorno meno, a quest’ora o a un’altra, il buon Cicerone declamava la sua indignazione nel senato romano o nel foro: “Fino a quando, Catilina, abuserai della nostra pazienza?”, chiese una volta e molte altre ancora al perfido cospiratore che voleva assassinarlo e acquisire un potere a cui non aveva diritto. La Storia è così prodiga, così generosa, che non solo ci dà eccellenti lezioni sull’attualità di certi avvenimenti passati ma ci lascia anche, a nostro uso, una serie di parole, alcune frasi che, per questo o quell’altro motivo, finiscono per radicarsi nella memoria dei popoli. La frase sopradetta, fresca, vibrante, come se fosse stata appena pronunciata, è senza dubbio una di quelle. Cicerone è stato un grande oratore, un tribuno con grandi mezzi, ma è interessante osservare come, in questo caso, preferì utilizzare termini più comuni, che sarebbero potuti venir fuori anche dalla bocca di una madre che chiamava il figlio irrequieto. Con l’enorme differenza che quel figlio di Roma, Catilina, era una carogna della peggior specie, sia come uomo sia come politico.
La Storia d’Italia sorprende chiunque. É un lunghissimo rosario di geni, siano essi pittori, scultori o architetti, musicisti o filosofi, scrittori o poeti, scopritori o inventori, una infinità di persone sublimi che rappresenta il meglio che l’umanità abbia pensato, immaginato, fatto. Non le mancarono mai catiline più o meno della stessa pasta, ma da questo nessun paese è esente, è la lebbra che tocca a tutti. Il Catalina odierno, in Italia, si chiama Berlusconi. Non ha bisogno di congiurare per il potere perché è gia suo, ha abbastanza denaro per comprare tutti i complici necessari, inclusi giudici, deputati e senatori. É riuscito nell’impresa di dividere il popolo d’Italia in due parti: quelli che vorrebbero essere come lui e quelli che lo sono già. Adesso ha appena promosso l’approvazione di leggi assolutamente discriminanti contro l’immigrazione clandestina, mette pattuglie di cittadini a collaborare con la polizia nella repressione fisica degli immigranti senza documenti e, il peggio del peggio, proibisce che i figli degli immigrati siano iscritti all’anagrafe. Catilina, il Catilina storico, non avrebbe fatto di meglio.
Ho detto prima che la Storia d’Italia sorprende chiunque. Sorprende, per esempio, che nessuna voce italiana (almeno tra quelle arrivate al mio orecchio) abbia citato, con una leggera variazione, le parole di Cicerone: “Fino a quando, Berlusconi, abuserai della nostra pazienza?” Sarebbe da sperimentare, chissà che non dia risultati e che, per questa ulteriore ragione, l’Italia non torni a sorprenderci.



La democrazia in un taxi
Posted in quaderno di Saramago by massimolafronza on 13 Marzo 2009
di José Saramago

L’eminente statista italiano di nome Silvio Berlusconi, conosciuto anche come ‘il Cavaliere’, ha appena partorito nel suo cervello privilegiato un’idea che lo colloca in maniera definitiva in testa al plotone dei grandi pensatori politici. Per evitare i lunghi, monotoni e lenti dibattiti e per snellire le procedure, alla camera e al senato, il Cavaliere vuole che siano i capigruppo parlamentari a esercitare il potere di rappresentanza, facendola finita allo stesso tempo col peso morto di alcune centinaia di deputati e senatori che, nella maggior parte dei casi, non aprono bocca durante tutta la legislatura, se non per sbadigliare. A me, devo ammetterlo, sembra un’ottima idea. I rappresentanti dei maggiori partiti, diciamo tre o quattro, si riunirebbero in un taxi diretto a un ristorante dove, davanti a un lauto pasto, prenderebbero le decisioni del caso. Dietro si porterebbero, ma in sella a una bicicletta, i rappresentanti dei partiti minori, che mangerebbero al bancone, nel caso in cui ci sia, o in un bar nelle vicinanze. Niente di più democratico. Sulla strada si potrebbe anche cominciare a pensare a come liquidare questi imponenti, arroganti e pretenziosi edifici chiamati parlamento e senato, fonti di continue discussioni e onerose spese che non aiutano il popolo. Di riduzione in riduzione scommetto che arriveremmo all’agorà dei greci. Ovviamente con l’agorà, ma senza greci. Mi diranno che non bisogna prendere sul serio questo Cavaliere.D’accordo, ma il pericolo è che si finisca per non prendere sul serio quelli che lo votano.



Cosa fare con gli italiani?
Posted in quaderno di Saramago by massimolafronza on 18 Febbraio 2009
di Josè Saramago

Mi rendo conto che la domanda potrebbe suonare in qualche modo offensiva a un orecchio delicato. Di cosa si tratta? Un semplice particolare per chiamare in causa un intero popolo, per chiedergli conto dell’uso di un voto che, per la gioia di una maggioranza di destra sempre più insolente, ha finito per fare di Berlusconi padrone e signore assoluto dell’Italia e della coscienza di milioni di italiani? Anche se, in realtà, voglio dirlo subito, il più offeso sono io. Sì, esattamente io. Offeso nel mio amore per l’Italia, per la cultura italiana, per la storia italiana, offeso, ancora, nella mia ostinata speranza che l’incubo possa aver fine e che l’Italia possa riappropriarsi dell’esaltante spirito verdiano che, per un periodo, ha rappresentato la sua migliore definizione. E non mi si accusi di stare gratuitamente mischiando musica e politica, qualsiasi italiano colto e onesto sa che ho ragione e il perché.
É appena arrivata la notizia delle dimissioni di Walter Veltroni. Benvengano, il suo Partito Democratico è nato come la caricatura di un partito ed è finito, senza una parola né un progetto, come un convitato di pietra nella scena politica. Le speranze che in lui avevamo deposto sono state defraudate dalla sua inconsistenza ideologica e dalla sua fragilità caratteriale. Veltroni è il responsabile, certamente non unico, ma nella congiuntura attuale, maggiore, dell’indebolimento di una sinistra di cui si era presentato come salvatore. Pace all’anima sua.
Non tutto è perduto, però. É quello che ci dicono lo scrittore Andrea Camilleri e il filosofo Paolo Flores d’Arcais in un articolo recentemente pubblicato su “El País”. C’è da fare un lavoro insieme ai milioni di italiani che hanno già perso la pazienza vedendo il loro paese trascinato ogni giorno verso la pubblica derisione. Il piccolo partito di Antonio Di Pietro, l’ex-magistrato di Mani Pulite, può diventare il revulsivo di cui l’Italia ha bisogno per giungere a una catarsi collettiva che risvegli il civico agire nella parte migliore della società italiana. E’ l’ora. Speriamo che lo sia.