30 ottobre 2008

Una guerra silente e mai dichiarata


Quando la religione diventa movente

Il viaggio della fiaccola delle ultime Olimpiadi (2008) è stato il più triste dall'inizio della manifestazione nell'era moderna, scortata da militari e polizia per il timore di proteste - puntualmente accadute - soprattutto per le repressioni della piccola comunità buddista del Tibet. Così da simbolo di pace, la fiaccola si è trasformata in ostentazione di potenza economica e militare nei confronti delle minoranze e senza che i Governi stranieri si lamentassero troppo - ad esempio - dell’ingerenza del Governo nelle questioni religiose, considerato che la Cina ha fondato una propria chiesa cattolica ufficiale, perseguitando gli adepti di quella romana. I quotidiani sacrifici degli ormai tristemente noti kamikaze in Iraq, gli attacchi dei Talebani in Afghanistan, le infinite guerre degli stati africani, i rapporti molto tesi tra Pakistan - a maggioranza musulmana - e India - a maggioranza Indù - che sfociano in scaramucce continue nella regione di confine del Kashmir, le guerriglie dei militanti cattolici dell’IRA (Irish Republican Army) contro gli Orangisti che professano la supremazia dei protestanti inglesi dell’Irlanda del Nord, sono solo alcuni esempi di come le religioni hanno un ruolo importante negli scontri per il controllo delle masse. Negli ultimi giorni di agosto poi, proprio in India ci sono stati una serie di attacchi da parte degli estremisti Indù contro le comunità Cristiane accusate di aver avviato una vasta campagna di proselitismo. Questo è solo l’ultimo esempio di una guerra silente e non dichiarata, i cui i numeri negli ultimi tempi, ormai sono diventati impressionanti. Ma com'è possibile che tutto questo avvenga in nome di un Dio, chiamato in modi diversi, ma che in tutte le religioni è il Creatore della vita, dispensatore di amore e di pace tra i propri figli nati a sua immagine e somiglianza? Per rispondere a questa domanda bisogna fare un salto nel passato. Devozione, questa è la definizione per comprendere ciò che spinge ad immolarsi per una causa, procurare morte e sacrificare se stessi. Per gli antichi comandanti romani la “devotio” era il rito con cui, in caso di estrema difficoltà, affidavano la propria vita e quella dell’esercito nemico agli Dei Mani e alla Terra per ottenerne la distruzione. Il termine in seguito fortunatamente ha assunto un significato più trascendentale indicando amore spirituale, ma l’origine del termine ha conservato intrinsecamente il proprio significato. Ogni movimento religioso ha un proprio armadio in cui nasconde il vero significato della devozione a cui fanno riferimento i propri adepti, almeno quelli più ortodossi. Dalla crocefissione di Cristo all'assassinio di Yitzhak Rabin, dalla Santa Inquisizione alla distruzione o "inglobalizzazione" delle culture precolombiane del continente americano, dalla Jihad contro la cultura occidentale alle lotte intestine tra sunniti e sciiti, in realtà le maggiori religioni abramitiche appaiono basate più su trattati militari ed economici che su di un unico testo sacro. Solo l’Islam e il Cristianesimo rappresentano oltre il 50% degli adepti, secondo le stime di http://www.adherents.com/ nel 2005 erano 2,1 miliardi i cristiani e 1,5 miliardi i musulmani le cui frange più integraliste spesso trasformano il proselitismo in lotta per la supremazia ideologica. Senza voler analizzare i casi che spingono singole persone ad ammazzare o perseguitare in nome di Dio e mettendo da parte i pregiudizi dovuti dalla base culturale di ognuno di noi, ci si rende conto di come a fomentare gli scontri inter-religiosi, siano pochi leader estremisti, che usano il proprio carisma per portare a termine disegni volti al controllo della popolazione e a carpirne la buona fede, solo per ottenere più peso politico ed economico. Poco importa se a sacrificarsi sono prevalentemente persone provenienti dai ceti medio bassi, indottrinati fin da piccoli ad odiare i diversi, vuoi per questioni soggettive, come la povertà indotta da occupazioni repressive, che per questioni oggettive come la lotta per la sopravvivenza e l’autodeterminazione. Per devozione quindi ci si fa esplodere in una piazza, in un ristorante, tra la folla di un mercato. Per fare questo bisogna essere annichiliti, predisporre il proprio stato d’animo a lasciare la vita convinti di trovare qualcosa di meglio dopo, di ritrovarsi in un paradiso in cui il proprio sacrificio è riconosciuto come un merito, un atto di eroismo. Uccidere in nome di un Dio vuol dire sostituirsi ad esso, avvalersi della sua facoltà di decidere della vita degli altri, quindi di prenderne il posto in un delirio di commistione tra perfezione, verità ed odio profondo. Ed è proprio questa mescolanza che rende distanti milioni di anni luce da Dio, diventandone l’antitesi, la sua negazione. Non potremo mai riuscire a comprendere appieno le emozioni, indubbiamente forti, che spingono esseri umani a decidere del destino di altri. Non dovremmo mai accettare che ci siano persone che, approfittando della disperazione, la fomentano in nome di Dio, a proprio uso e consumo.

Dal romantico autostop al road sharing


Il nuovo modo di viaggiare:
economico e ambientalista

economico e ambientalistaC’è chi lo fa per conoscere nuove persone, chi per risparmiare, chi perché è ancora convinto che l’eco-sostenibilità dell’economia è l’unica via praticabile e chi - inguaribile romantico - lo fa per ripercorrere uno dei viaggi in moto più famosi della storia a bordo di una rediviva “Poderosa”. Sono oltre 20.000 gli utenti che hanno deciso di usare Internet come forma alternativa per intraprendere un viaggio low cost. “Circa 12 anni fa volevo fare un viaggio in Germania, ma essendo ancora studente, quindi con pochi soldi in tasca, avevo bisogno di trovare mezzi di trasporto economici”. Daniele Nuzzo, oggi trentacinquenne, racconta come è nata l’idea del road sharing, il nuovo modo di concepire l’autostop utilizzando al meglio le potenzialità delle nuove tecnologie, e cioè la grande rete di Internet. “Perché allora non usare le conoscenze informatiche per farlo in maniera più organizzata?” – racconta divertito Nuzzo – e detto fatto nasce il sito viavai.it, che in poco tempo diventa un punto di riferimento per cchi, oltre ad amare il viaggio comodo navigando da un punto all’altro dell’oceano del web, ama girovagare per le magnifiche città del vecchio continente Cosi il romantico pollice tirato fuori al bordo di una strada per ore interminabili, talvolta sotto temporali, altre accontentandosi di mete alternative, è stato sostituito dalla praticità di pochi click seduti davanti al proprio pc. Nasce ufficialmente il road sharing che, a dispetto del nome anglofono (esigenza per avere una visibilità internazionale!!!), è nato dal genio che ha sempre caratterizzato il nostro bel Paese, ed in particolare da un gruppo di trentenni nati e cresciuti in una delle capitali mondiali della cultura, patria di Lorenzo De’ Medici e culla del Rinascimento, Firenze! Da poche settimane il vecchio sito è andato in pensione, e Daniele e compagni, che nel frattempo hanno trasformato in professione la passione per le nuove tecnologie informatiche fondando la società Webdev, hanno utilizzato tutte le potenzialità del Web 2.0, creando il nuovo sito http://www.roadsharing.com/. Cinque lingue, mappe dettagliate con tempi di percorrenza e kilometraggio preciso, grazie a Googlemaps, grafica semplice ma efficace, la home page sintetizza tutta la filosofia degli autostoppisti del terzo millennio, l’immagine di un omino triste perché viaggia solo, che spende ed inquina di più, si alterna ad un gruppo di tre persone felici per aver scelto la genialità semplice ed ecosostenibile di roadsharing.com. “Il 24 luglio è partito il nuovo sito, abbiamo avuto subito un riscontro grandissimo, 2500 nuove iscrizioni che si aggiungono alle 20.000 portati in eredità da viavai.it, punte di circa 2000 accessi univoci giornalieri, e dopo un primo piccolo calo concomitante con la fine del periodo delle vacanze, stiamo riavendo nuovamente tanti contatti, che anziché chiedere od offrire passaggi sporadici per mete turistiche, stanno sfruttando la potenzialità per gli spostamenti quotidiani e lavorativi” continua Daniele Nuzzo “chi offre un passaggio si registra, inserisce il luogo di partenza, il luogo di arrivo ed eventuali particolari esigenze, il percorso verrà georeferenziato grazie a Googlemaps, e si rimane in attesa di chi il passaggio lo cerca, sia verso la destinazione finale che di altre lungo il percorso”. Tra gli iscritti al sito si possono trovare tutte le fasce di età e le motivazioni che spingono a mettere a disposizione il proprio mezzo di trasporto o a cercare passaggi, sono le più disparate. C’è lo studente che utilizza il sito per dividere le spese, il professore universitario tedesco che mette a disposizione il proprio tragitto giornaliero accollandosi tutti gli oneri perché convinto che ora sia venuto il momento di ricambiare ciò che la vita gli ha dato, c’è chi approfitta dell’occasione per conoscere persone nuove, o addirittura c’è chi cerca un compagno di viaggio per emulare Ernesto “Che” Guevara nel suo viaggio in moto attraverso il Sud America. “La visibilità che abbiamo avuto è andata oltre ogni immaginazione, abbiamo contatti giornalieri da tutto il modo, dal Giappone all’Argentina, dal Brasile all’India, senza contare gli Europei, che ovviamente sono la maggioranza. Per il futuro stiamo studiando nuove funzionalità, come legare un tragitto ad eventi specifici, ad esempio se si sta cercando un passaggio per una mostra, un concerto o un evento particolare, basterà utilizzare un apposito filtro, inserire la città di partenza ed il gioco è fatto”. A spingere gli utenti ad utilizzare il servizio, completamente gratuito, è soprattutto la passione per i viaggi e l’avventura, per i nuovi incontri, per la condivisione e la cura dell’ambiente, la stessa passione che i programmatori hanno messo nello sviluppare il progetto di roadsharing. com. Per i nostalgici del pollice orizzontale un piccolo consiglio: se proprio non riuscite a tenerlo fermo… utilizzatelo al posto dell’indice per cliccare sul tasto “iscriviti”!!