07 maggio 2008

Il sogno di Di Salvo nel degrado di Scampia



Le Vele: da utopia periferia…
E’ quasi finito il 1997 quando si mette in atto il piano per demolire definitivamente quello che era stato il sogno utopico di Franz Di Salvo, l’unico caso in Italia in cui un progetto di riqualificazione urbana passa per la demolizione di interi agglomerati: le famose Vele, simbolo del degrado del quartiere di Scampia.
Agli inizi degli anni sessanta, la Cassa del Mezzogiorno dà mandato a Di Salvo per la realizzazione di quello che doveva essere il fiore all’occhiello dell’edilizia popolare non solo per la città di Napoli, ma per l’intera nazione. Il progetto non delude le aspettative, due tipi di strutture, a torre e a vela, spazi giochi, centri sociali, scuole e attrezzature collettive, tutto quello che serviva alla creazione di un mega quartiere residenziale.
Ma l’Italia è il paese dei paradossi, il fiore è appassito prima ancora della posa della prima pietra, e si è trasformato, all’insaputa del progettista che non seguì le fasi di realizzazione in un pugno nello stomaco.
Le Vele, a causa di adeguamenti strutturali mal progettati, diventano tristi gabbie di 14 piani, con ascensori perennemente fuori uso, con la distanza tra i due corpi di fabbrica accorciata e con i ballatoi sospesi che, diminuendo lo spazio, interrompono i flussi appositamente studiati da Di Salvo per il ricambio d’aria e il passaggio della luce.
Così il progetto nato dall’ispira-zione delle "unitès d’abitations" di Le Corbusier realizzato a Marsiglia e le strutture "a cavalletto" di Kenzo Tange, si è trasformato in un carcere a cielo aperto, in cui le aspettative di interi quartieri di Napoli, lì deportati dopo il terremoto dell’80, sono state imprigionate e dove la fantasia dei bambini è stata schiacciata sotto il peso di tonnellate di cemento e ferro.
Ed ai 44.000 abitanti "legali" vanno aggiunti 60.000 abitanti "abusivi" che, oltre ad occupare appartamenti già assegnati, hanno murato scantinati e ballatoi, trasformando in scatole senza aperture spazzi destinati all’uso comune.
Eppure tutta la zona di Secondigliano, compresa la zona di Scampia, era zona di villeggiatura per gli antichi romani, dove canapa e frutta la facevano da padrone.
Da qui partivano i carretti che portavano le primizie e le prelibatezze nate da un suolo baciato dalla dea Cerere, fino alle case dei nobili e dei notabili della città di Napoli, i racconti parlano di distese profumate dei frutti più succulenti, dove le famose mele annurche giacevano distese su letti di paglia in attesa di una lenta maturazione.
Ma il ricordo di una terra fortunata ha lasciato il posto all’angoscia che ha provato chi, almeno una volta, si è fermato alla base di questi casermoni di ferro e cemento, i suoni e i profumi hanno lasciato spazio al degrado di un progetto d’avanguardia, pensato bene ma nato malissimo.
Tutto questo ha fatto sì che il nome Scampia sia andato ad ingrossare l’elenco delle periferie degradate d’Europa, assieme al quartiere Zen di Palermo e alle banlieue parigine, degrado e malvivenza che però cozzano con la forza di chi, in quelle zone resiste e cerca di sopravvivere, tentando di scrollarsi dalle spalle il peso di un nome carico di negatività.
La riscossa/riqualificazione passa per i centri di aggregazione, gli spazi sociali, per la nuova sede della protezione civile e della facoltà di medicina, ma dopo 12 anni ancora solo progetti, un centro commerciale che avrebbe impegnato circa 600 persone ed altrettante sarebbero state impiegate dall’indotto, occasione ormai sfumata. Il parco telematico è l’unico lavoro già consegnato, in concomitanza all’apertura delle strade a scorrimento veloce e della metropolitana, che, finalmente,in pochi minuti collegano la periferia al centro di Napoli.
Nel 1995 viene approvato il piano di riqualificazione, si decide di abbattere le vele, troppo costoso e difficile rimetterle in sesto e nuove anonime costruzioni cominciano a sorgere tutt’intorno a quel sogno trasformato in un incubo da cancellare.
Il primo tentativo di abbattere il fabbricato F (1997) è andato a vuoto, nonostante i 125 kg di dinamite posti alla base dei pilastri, la Vela è rimasta lì, claudicante, ma in piedi, a rappresentare il carattere e la forza di chi da quel quartiere non vuole andare via e tenacemente combatte tutti i giorni per cambiare non solo la propria vita ma anche di chi gli vive attorno, nonostante la camorra e nonostante le istituzioni.
Per molti giorni le immagini del gigante azzoppato hanno fatto il giro del mondo, per molti giorni gli abitanti di Scampia hanno finalmente avuto qualcosa di cui essere orgogliosi, la loro storia non si è lasciata cancellare semplicemente con un colpo di cassino. C’è chi sostiene tuttora che almeno una Vela bisogna lasciarla sù, riconsegnarla al quartiere sotto forma di spazi, quegli stessi spazi che erano stati strappati dal sogno di Di Salvo per ridare a quegli abitanti una memoria collettiva.
Una memoria che, altrimenti, avrebbero perso nuovamente.

2 commenti:

Zeikfried ha detto...

Sto facendo una ricerca sulle periferie degradate e sul perchè non funzionano in italia. Sapevi che a Nizza esiste un complesso identico alle vele ed è uno dei quartieri residenziali piu pagati e costosi a livello di affitti!? Le vele di Secondigliano mi affascinano...tantissimo. Volevo solo dirti che hai centrato nel segno. Sono ore che cerco informazioni sulle vele e sento solo parlare di Ecomostri, vergogne, insulti e quant'altro. Tu come me e pochi altri hai gli occhi per vedere oltre. Per vedere il grandioso progetto finito in spazzatura a causa della società e non del cemento armato. I miei complimenti.

Zeikfried

Drugoland ha detto...

grazie per i complimenti
sapevo di nizza, ed infatti era uno dei progetti a cui si è ispirato Di Salvo, il problema è che siamo in Italia e soprattutto in quel periodo (ma anche ora) si prestava poca attenzione a chi poi doveva utilizzare le abitazioni....
Io penso che la bruttura di Scampia sia nata soprattutto perchè volutamente si è creato un ghetto decontestualizato da tutto quello che c'era intorno, e soprattuto non fornendo di servizi i cittadini....
mio padre, che è cresciuto in quella zona, mi racconta sempre che li c'erano campi sterminati che davano prodotti eccellenti.....
ma ormai è quasi sparito tutto